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Verità scomode della II guerra mondiale

5 Marzo 2025

Recensione de il giornale di Vicenza (Online) (PDF)

Storie scomode della Seconda Guerra Mondiale: le donne vittime silenziose del conflitto

Le guerre si vincono sul campo e si raccontano sulla carta dei vincitori. Tra le pieghe del Secondo Conflitto Mondiale, c’è un capitolo scritto con il sangue e il silenzio delle donne. Un capitolo che non trova spazio nei manuali scolastici, troppo scomodo, troppo brutale, troppo vero.

Si celebrano gli eroi, si glorificano le battaglie, si elencano i trattati di pace. Ma chi parla di loro? Di quelle donne trascinate via, ridotte a merce di scambio, usate e poi gettate via come vestiti logori? I vincitori si spartivano il mondo, mentre loro perdevano tutto: la dignità, la libertà, il diritto di esistere senza essere un corpo su cui sfogare frustrazione e violenza.

C’è chi queste storie le ha raccolte, ricostruite, riportate alla luce. Le Scomode Verità Nascoste nella II Guerra Mondiale dello storico Vincenzo Di Michele non è un libro per chi cerca rassicurazioni. È una lettura che brucia, che smonta certezze, che costringe a guardare negli occhi una realtà troppo a lungo insabbiata. Non è solo Storia, è Controstoria. Da questo libro abbiamo estratto alcune verità scomode che meritano di essere raccontate e tramandate.

Prostitute, schiave e vittime di un sistema spietato

La Seconda Guerra Mondiale non è stata solo trincee e bombardamenti, ma un teatro di atrocità dove i corpi delle donne diventavano bottino di guerra. Nessuno si tirava indietro. Nazisti, giapponesi, alleati… tutti, in un modo o nell’altro, si sono sporcati le mani.

I bordelli militari non erano certo una novità, ma quello che accadde tra il 1939 e il 1945 superò ogni limite. Le prostitute non erano più persone, ma strumenti di controllo, oggetti di piacere per uomini che marciavano con un’idea di purezza razziale in testa e una brutalità senza confini nelle vene. In Germania, i soldati erano obbligati a usare il preservativo, subivano controlli sanitari e persino iniezioni disinfettanti nei genitali. Le donne, invece, venivano lasciate a marcire, condannate a una vita di sfruttamento e malattie.

La Polonia divenne un mattatoio. Le donne polacche erano considerate inferiori, dunque qualsiasi violenza su di loro non era solo permessa, ma incoraggiata. Abusi di gruppo, rastrellamenti, torture. C’erano regole non scritte: se una donna veniva infettata da una malattia venerea, la sua vita non valeva più niente. Nella città di Bromberg, 38 prostitute vennero massacrate in un solo giorno. Troppo rischioso curarle. Troppo pericoloso lasciarle in vita. Un problema da risolvere con una pallottola in testa.

E poi c’erano gli esperimenti. Corpi femminili usati come cavie per testare ogni tipo di aberrazione. Alcune venivano sterilizzate senza anestesia, altre venivano infettate deliberatamente per studiare gli effetti delle malattie. Un laboratorio di orrori, una discesa negli abissi più profondi della crudeltà umana.

Senza ombra di dubbio, la guerra non è mai stata solo una questione di armi. È stata, prima di tutto, una macchina che ha divorato tutto ciò che trovava sul suo cammino. E tra le sue vittime più dimenticate ci sono loro: donne che non combatterono mai, ma che furono sconfitte ogni giorno, senza mai avere possibilità di arrendersi.

L’orrore sul fronte orientale e i bordelli militari giapponesi

Se l’inferno avesse avuto un volto, avrebbe portato il nome delle “donne di conforto“. Un’espressione grottesca, un paravento lessicale dietro cui si nascondeva un sistema mostruoso. Il Giappone non si limitò a invadere territori, ma razziò anche i corpi delle donne, trasformandoli in strumenti di piacere per i suoi soldati.

Era un progetto studiato a tavolino. L’esercito imperiale non poteva permettersi troppi stupri casuali: il rischio era che l’odio delle popolazioni locali esplodesse in ribellioni incontrollabili. Meglio “organizzare” la questione. Così nacquero i bordelli militari, disseminati nei territori occupati. Più di 200.000 donne furono ingannate, strappate alle loro case con false promesse di lavoro. Fabbriche? Servizi domestici? Nulla di tutto questo. Una volta arrivate a destinazione, venivano incarcerate e costrette a subire decine di abusi al giorno.

Nessuna speranza di fuga, nessuna possibilità di rifiutarsi. Le porte dei bordelli si aprivano solo per lasciar entrare nuovi soldati. I dottori dell’esercito giapponese passavano per controlli sanitari, ma non erano lì per aiutare. Molte di loro furono abusate persino dai medici, vittime di un circolo vizioso senza via d’uscita.

C’erano poi i rastrellamenti nelle campagne. I comandi militari pretendevano che i governanti locali fornissero donne ai soldati, come fossero parte del bottino di guerra, alla stregua di armi e rifornimenti. Per chi cercava di ribellarsi, la punizione era immediata. Uccisioni sommarie, torture, rappresaglie sulle famiglie.

E chi sopravviveva? Le cicatrici non erano solo nel corpo, ma nell’anima. Alcune persero la fertilità a causa degli abusi ripetuti e delle malattie. Molte morirono nel silenzio. Quelle che riuscirono a tornare a casa si trovarono davanti un altro nemico: l’emarginazione. Nessuno voleva ascoltare le loro storie. Nessuno voleva riconoscere la loro sofferenza.

La disperazione delle donne tedesche nel dopoguerra

La guerra si era conclusa, ma per molte donne tedesche un incubo peggiore era appena cominciato. Le città ridotte in macerie, gli uomini falciati al fronte, la fame che divorava le strade. E poi c’erano loro: le sopravvissute, lasciate sole a ricostruire, con nulla in mano e troppo da dimenticare.

Ma il bisogno non lascia scelta. Chi aveva figli da sfamare non poteva permettersi il lusso dell’orgoglio. Non si trattava più di patriottismo, né di politica. Era la fame a dettare le regole. Così, mentre i vincitori marciavano per Berlino con le loro divise immacolate, le donne tedesche imparavano che la loro unica moneta di scambio era il proprio corpo.

Non servivano trattative, né promesse. Calze di nylon, qualche sigaretta, un pezzo di cioccolato. Tanto bastava. Gli Alleati distribuivano preservativi, ma la realtà non si fermava alla propaganda. Le gravidanze aumentavano. Gli aborti clandestini mietevano vittime quanto le bombe. Alcune morivano dissanguate, altre lasciavano i neonati nei vicoli, sperando che qualcuno li trovasse prima dei topi.

E poi c’era il disprezzo. Quelle donne non erano vittime, non nella narrazione ufficiale. Erano “puttane del nemico”, marchiate con un’etichetta che non si sarebbe più scollata di dosso. Le famiglie le ripudiavano, le comunità le isolavano. Nessuno si chiedeva cosa significasse trovarsi in quella posizione. Nessuno voleva sapere. Il giudizio era più facile della comprensione.

Le violenze sulle donne italiane: la tragedia dimenticata

Le violenze subite dalle donne italiane per mano delle truppe coloniali francesi rappresentano una delle pagine più oscure del dopoguerra. Un’ombra lunga, silenziosa, soffocata dal pudore e dalla paura.

Tutto iniziò nel 1943, con l’avanzata degli Alleati lungo la penisola. A fianco degli eserciti che promettevano la liberazione, c’erano loro: i reparti marocchini dell’esercito francese, soldati senza regole, uomini lasciati liberi di sfogare i propri istinti su un popolo che non aveva più nulla con cui difendersi. Arrivati in Ciociaria, si trasformarono in predatori. Paesi interi vennero saccheggiati, uomini uccisi, donne stuprate senza pietà.

A Esperia, una cittadina ridotta in cenere dalla guerra, 700 donne furono violentate in pochi giorni. Madri, figlie, bambine. A Vallemaio, due sorelle e un’anziana di sessant’anni vennero costrette a soddisfare un intero plotone di soldati. Chi cercava di difendersi finiva massacrato. Chi non cedeva subito veniva preso con la forza. Nessuno era al sicuro.

Il fenomeno fu così vasto che servì persino un nome per definirlo: “le marocchinate”. Un termine che racchiude anni di dolore, famiglie distrutte, esistenze segnate per sempre. Molte donne rimasero incinte, ma nessuno era disposto ad accettare quei figli. Gli aborti clandestini si moltiplicarono, le malattie veneree si diffusero come un’epidemia. Chi sopravvisse portò dentro di sé ferite invisibili, ma impossibili da rimarginare.

Questa non fu una semplice “conseguenza della guerra”. Fu un crimine taciuto, accettato, quasi giustificato. I comandi francesi lo sapevano, gli alleati ne erano consapevoli, ma nessuno mosse un dito. Qualcuno cercò di fermarli, ma venne zittito in fretta. I soldati avevano vinto una battaglia dura, e per loro lo stupro era parte del premio.

Senza ombra di dubbio, il silenzio è stato il secondo crimine commesso contro queste donne. La guerra è finita, ma per loro la giustizia non è mai arrivata. Solo dolore, vergogna e la certezza di essere state abbandonate.

Le scomode verità nascoste nella II guerra mondiale

13 Gennaio 2024
Il nuovo libro di Vincenzo Di Michele
Recensione dello storico Giuseppe Lalli nella rivista Italiani nel Mondo

Recensione de il giornale di Vicenza

Recensione de il giornale di Bergamo

Vincenzo Di MicheleDurante il secondo conflitto mondiale, i militari erano costretti all’utilizzo del preservativo e a subire cure mediche, compresa una soluzione disinfettante applicata nella zona genitale. Al contrario, le donne erano considerate semplici oggetti da sfruttare.

Durante il massacro degli ebrei, i soldati al servizio di Hitler si giustificarono in modo ignobile affermando: “Ho solamente seguito gli ordini”. Al tempo stesso, l’intera popolazione tedesca abbassò lo sguardo, rifiutandosi di vedere la realtà. Una donna sopravvissuta ai campi di concentramento raccontò: “Avrei preferito essere trattata come un cane. Ci incitavano ad attaccare e ci morsicavano genitali e seno, ricevendo poi eccessive dimostrazioni di affetto e carezze come ricompensa”.

Il lancio delle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki è stato una decisione imprudente, pianificata e disastrosa da parte dell’esercito americano. Questa minoranza al potere ha rifiutato di considerare alternative valide proposte da una vasta maggioranza di persone ragionevoli, tra cui scienziati e figure di spicco.

Inoltre, emergono altre verità scomode, come la misteriosa scomparsa dello scienziato italiano Ettore Majorana, consapevole del grave pericolo legato all’arma atomica, e la complicità del governo statunitense nella fuga dei criminali nazisti, inclusi i loro scienziati. L’impiego di questi ultimi da parte degli Stati Uniti è stato uno strumento nella prossima lotta tra gli USA e l’URSS nell’era della guerra fredda.

Copertina le scomode verità nascoste nella II guerra mondiale (PDF)
Recensioni “Le scomode verità nascoste nella II Guerra Mondiale” (PDF)
Recensione de il giornale di Vicenza (PDF)
Recensione de il giornale di Bergamo (PDF)

Il racconto del capitano della Lazio su Franz Beckenbauer nella loro esperienza calcistica al Cosmos, dal libro di Vincenzo Di Michele: “Pino Wilson vero capitano d’altri tempi”

11 Gennaio 2024

Vincenzo Di MicheleArrivai al Cosmos all’età di 33 anni, nel pieno della mia maturità calcistica. Appartenendo a una squadra di vertice del campionato e avendo giocato in Nazionale e anche ai mondiali del ’74, pensavo in quei tempi, di aver oramai raggiunto il mio apice calcistico. Invece fu proprio  il campo a smentirmi grazie al  contatto gomito a gomito con quei campioni, ogni giorno negli allenamenti. Pelé: una storia a parte. Ogni volta che arrivava al campo, con umiltà e dedizione si metteva a palleggiare per più di un’ora. Vedevi quella palla accarezzata e coccolata dai suoi piedi che prendeva traiettorie funamboliche. Per non parlare della tecnica e della potenza balistica di Carlos Alberto, il capitano della Nazionale brasiliana campione del mondo nel 1970 in Messico. Però il giocatore che mi diede la possibilità di arricchire ulteriormente il mio bagaglio tecnico,poiché giocava nel mio stesso ruolo, è stato proprio Franz Beckenbauer. Con lui affinai la chiave di lettura dell’azione in via anticipata giacché la sua notevole intelligenza tattica, gli permetteva una visuale di ampio raggio.

A proposito di Beckenbauer, come non raccontare questa storia?

In quel campionato, non giocai nella mia solita posizione. Del resto,nel ruolo di libero non giocava uno qualsiasi, bensì un certo Franz Beckenbauer. Quel giorno si  giocava una partita decisiva per l’ assegnazione del titolo. Faceva molto caldo e faticavamo molto in campo e le energie venivano sempre meno. Nell’intervallo tra il primo e il secondo tempo, dopo una prima parte della gara giocata in maniera pessima della nostra squadra, mi avvicinai a Chinaglia e gli dissi che Beckenbauer era in giornata no. Praticamente,la sua prestazione stava condizionando negativamente l’andamento di tutta la squadra. Appresa la mia comunicazione, Giorgio dapprima mi guardò un po’ perplesso, poi replicò:
“Ma sei sicuro?”.

Gli risposi: “Certo che sì!”. Quindi, si allontanò.

Dopo circa un minuto lo vidi mentre si defilava in un colloquio appartato con l’allenatore Eddie Firmani. Udii solamente Chinaglia che testualmente stava così ribattendo al nostro allenatore, in modo imperioso: “Sì! Il tedesco! Hai capito bene! Deve uscire il tedesco!”. Come rientrammo in
campo, notai che Beckenbauer era stato sostituito. Fortunatamente nel secondo tempo la partita si tramutò positivamente e la vincemmo, ma non ho ancora il coraggio di pensare alla possibile reazione di Chinaglia e a tutte le conseguenze per via di quella forzata esclusione di Beckenbauer, nel caso l’avessimo persa.

Grazie Pino, il tuo ricordo continua a vivere nei tuoi racconti

Vincenzo Di Michele

Copertina e retrocopertina libro Pino Wilson

Copertina e retrocopertina libro Pino Wilson

Il 16 luglio 2021 alle ore 18 Vincenzo Di Michele al Castello Caetani di Trevi nel Lazio, presenta la II edizione del Premio Mario Mariozzi

14 Luglio 2021


Il 16 luglio 2021 alle ore 18  Vincenzo Di Michele al Castello Caetani di Trevi nel Lazio,  presenta la II edizione del Premio Mario Mariozzi

IL Pallone nel cuore , l’uomo e le storie  nella II edizione del premio Mario Mariozzi.

Con la partecipazione di Francesco Repice (radiocronista RAI) Giuseppe Incocciati (tecnico ed ex calciatore Milan e Napoli), Maurizio Stirpe ( Presidente del Frosinone), Massimo Pulcinelli (Presidente dell’Ascoli),  Giacomo Faticanti ( calciatore as Roma) Americo Mancini (giornalista gr1 RAI).

Interverrà Antonio Tajani, Presidente della Commissione per gli Affari Costituzionali Del Parlamento europeo

Presenterà l’evento lo scrittore Vincenzo Di Michele e l’appuntamento è fissato per venerdì 16 Luglio al Castello Caetani di Trevi nel Lazio,

Novità editoriale – La nuova versione del libro “Io prigioniero in Russia” con oltre 55.000 copie vendute e vincitore di premi storici è stata pubblicata con Edizioni Vincenzo Di Michele

12 Luglio 2021
Nel suo diario autografo un giovane alpino della divisione
Julia racconta la sua cruda avventura durante la seconda
guerra mondiale. La sua infanzia; la partenza in guerra; la
prima linea in battaglia con i russi che ubriachi di vodka si
gettavano con ferocia all’assalto frontale contro le truppe
italiane; la marcia verso i campi di concentramento e la
lunga permanenza nei gulag sovietici e infine l’insperato
ritorno a casa dopo quattro duri anni.
 
GENNAIO 1943: IL mio ingresso al Campo di prigionia di TAMBOV
Se avessero scritto su un cartello all’ingresso di quel maledetto
lager,“Benvenuti all’inferno”, la realtà non sarebbe poi stata
tanto diversa. Nel periodo della mia permanenza a Tambov, che
va da gennaio 1943 a maggio del 1943, si riscontrò un tasso di
mortalità del 90%. Detto in parole povere, ogni cento uomini
che entrarono in quel campo, solo dieci e abbastanza malconci
rimasero indenni. “E anche io, malgrado tutte le disavventure,
sono stato tra quei fortunati baciati dalla sorte”.

 

Intervista di Lide magazine New York in esclusiva con Vincenzo Di Michele

28 Aprile 2021

Qui puoi leggere l’intervista

Il libro “Alla ricerca dei dispersi in guerra” di Vincenzo Di Michele è acquistabile in EDICOLA a Euro 9,90 in allegato ai quotidiani: Il Messaggero Veneto; Il Piccolo; IL Mattino di Padova; Il Corriere delle Alpi; La Tribuna di Treviso; La Nuova di Venezia e di Mestre.

27 Aprile 2021
La prima tappa era alla stazione dei treni dove attendevamo e trepidavamo alla vista dei lenti convogli carichi di reduci miracolati. In una manciata di minuti si consumava amaramente quella lunga e speranzosa attesa. «Niente da fare, anche quel giorno, mio padre non era presente.» A seguire ci contattò un individuo che in cambio di denaro ci forniva notizie di mio padre disperso in Russia. Scoprimmo però che era solo un raggiro. Aveva infatti già contattato diverse famiglie per truffarle e cosa più grave: per illuderle.”
 
Il libro “Alla ricerca dei dispersi in guerra” di Vincenzo Di Michele è acquistabile in EDICOLA a Euro 9,90 in allegato ai quotidiani: Il Messaggero Veneto; Il Piccolo; IL Mattino di Padova; Il Corriere delle Alpi; La Tribuna di Treviso; La Nuova di Venezia e di Mestre.
 

Il Libro Cefalonia Io e la mia storia in allegato al Mattino di Padova dal 13 marzo

16 Marzo 2021

Il Libro “CEFALONIA; IO E LA MIA STORIA”  è acquistabile in EDICOLA dal 13 Marzo a Euro 9,90 in allegato al quotidiano: Il Mattino di Padova

 

 

il Libro Animali in guerra Vittime innocenti in allegato al messaggero Veneto , Il Piccolo, Il Corriere delle Alpi e la Nuova Venezia dal 13 marzo

11 Marzo 2021

Clicca qui per visualizzare la locandina

DEDICATO AGLI STUDENTI CHE NEGLI ANNI A SEGUIRE STUDIERANNO QUESTI ARGOMENTI AFFINCHE’ ASSUMANO UNA CAPACITA’ CRITICA E DI RAGIONAMENTO e SOPRATTUTTO DI REVISIONISMO

13 Settembre 2020

Il 12 settembre 1943, Mussolini, tenuto prigioniero al Gran Sasso, fu liberato dall’ azione militare dei soldati tedeschi senza alcuna reazione del corpo di guardia. Nessuno degli agenti di custodia sparò un colpo.

La propaganda nazista – con cineoperatori al seguito che ripresero la scena della liberazione in ogni frangente – diffuse però una versione della liberazione inneggiando all’eroica impresa dei loro paracadutisti. In onore a coloro che affronteranno negli anni a venire nei banchi di scuola questo argomento, si deve necessariamente alzare la mano e porre l’attenzione degli studenti su un’altra versione perché questa è una storia tutta da riscrivere.

Tanto per iniziare:

Chi potrà mai credere che il tenente dei carabinieri Alberto Faiola, il comandante del corpo di guardia a Campo Imperatore, in quei gior¬ni di settembre del 1943 in cui Mussolini era prigioniero al Gran Sasso, abbia invitato un certo Alfonso Nisi insieme ad altri due amici? Chi mai crederà che Alfonso Nisi giocò a carte con il Duce, alloggiò nello stesso albergo per diversi giorni e addirittura predisse allo stesso Mussolini la sua liberazione da parte dei tedeschi?Son sicuro che il lettore che leggerà queste prime pagine vorrà an¬dare subito al sodo, e quindi vorrà avere un’immediata risposta su tal Alfonso Nisi.

Sono poi più che certo che qualche storico, sostenitore della brillantezza della “Operazione Quercia”, e della perfezione dell’impresa militare, tra cui il totale recupero da parte dei paracadutisti tedeschi di armi, munizioni e di tutte le strumentazioni di bordo presenti negli alianti, manifesterà immediate perplessità. Si chiederà infatti, sbirciando sommariamente qualche pagina, come sia stato mai possibile che Quinto Cortellini, un pastorello abruzzese di tredici anni, si fosse appropriato delle munizioni e di tutto l’armamentario che era a bordo degli alianti.

Inoltre, guardando qualche immagine presente nel libro, salta all’occhio una comprovata documentazione capace di rivelare un ulteriore lato nascosto: a soli trenta minuti di marcia, c’era un altro rifugio, il “Duca degli Abruzzi”, ancor più strategico e affidabile, il quale era addirittura in uso all’Aeronautica Militare.

Per non parlare di un’altra soluzione che non è stata per nulla presa in considerazione: “C’era la possibilità di intraprendere la via di fuga verso il versante Teramano. Proprio al riguardo, c’erano persino delle persone, in grado di portare Mussolini verso luoghi sicuri”.

Però, la novità più convincente nel senso di una testimonianza diretta, personale e pienamente attendibile è stata quella del novantenne Nelio Pannuti, il quale mi rilasciò una dichiarazione scritta a proposito di Mussolini al Gran Sasso. Pannuti era un carabiniere allora ventenne che nel settembre 1943 prestava servizio al Gran Sasso. Lui era proprio l’agente addetto alla sorveglianza personale di Mussolini.

Sempre in tema di novità: come non parlare delle ultime rivelazioni, grazie alla recente pubblicazione del memoriale (redatto però nel lontano 1944) di Fernando Soleti, il generale italiano che fu portato come ostaggio dai tedeschi a Campo Imperatore.

Proprio grazie alla contraddittoria testimonianza del generale Soleti or pubblicata, si concretizza la verità storica sempre tenuta nascosta: “La complicità del Governo Badoglio nella consegna di Mussolini ai tedeschi”.

La riprova di quanto affermato risiede in una testimonianza che passò del tutto inosservata. Karl Radl, l’aiutante di Skorzeny, terminata la guerra emigrò in Argentina e nel 1954 pubblicò le sue memorie in lingua spagnola nel libro Yo rescate a Mussolini. Raccontò una versione nei dettagli degli avvenimenti inerenti all’operazione Quercia, e nel resoconto degli avvenimenti si contrappose sia alla versione di Soleti,sia a quella del finto eroe della liberazione di Mussolini al Gran Sasso : “ Il tenente Skorzeny” .

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