La figura storica di Matthias Defregger, il vescovo delle rappresaglie: dal libro “Le scomode verità nascoste nella II guerra Mondiale“ di Vincenzo Di Michele
Matthias Defregger, nato nel 1915 in Germania, cresce fra mura di convento e disciplina militare. Figlio di un colonnello, si fa largo nell’esercito tedesco: la sua è la 114a Divisione Cacciatori delle Alpi, addestrata a colpire e a punire. La guerra lo porta in Italia, dove i monti abruzzesi fanno da scenario a un crimine che il tempo non cancellerà.
Il paese di Filetto, provincia dell’Aquila, nell’agosto del 1944 vive giorni sospesi fra la paura e la speranza. I rapporti con i tedeschi sono tesi ma non ancora esplosi. Ma i partigiani attaccano il presidio tedesco, due soldati morti, due fuggiti in sidecar a chiedere rinforzi.
La rappresaglia di Filetto
Quando i tedeschi tornano, la vendetta è già scritta. Defregger guida l’operazione. Le donne, i bambini e i vecchi vengono separati: da una parte la pietà, dall’altra la carne da macello. Gli uomini validi, quindici in tutto, vengono condotti fuori dal paese, lungo la strada che porta ai Piani di Fugno. I testimoni raccontano di grida, di tentativi di fuga, di preghiere soffocate nel rumore delle mitragliatrici. Alcuni si fingono morti, respirano sotto cumuli di corpi, vedono il mondo annerirsi sotto il fumo dei roghi. I soldati tedeschi bruciano i cadaveri in una stalla, e poi appiccano il fuoco anche alle case: Filetto diventa un deserto di macerie.
La guerra finisce, ma la vita di Defregger riprende come se nulla fosse. Torna agli studi di filosofia e teologia, si inginocchia di nuovo davanti all’altare. Nel 1949 è ordinato sacerdote dal cardinale Faulhaber. Gli anni passano, le vesti da soldato lasciano il posto a quelle vescovili: nel 1968 diventa vescovo ausiliare a Monaco. Ma la verità è come un fiume carsico: non smette mai di scorrere.
Nel 1969, un’inchiesta del settimanale tedesco “Der Spiegel” riporta a galla il massacro di Filetto. Le testimonianze, i nomi, i luoghi: tutto viene ricostruito pezzo a pezzo. Anche la Procura di Francoforte apre un fascicolo, ma la giustizia tedesca si ferma davanti alla parola d’ordine di sempre: “esecuzione di ordini superiori”. Nel 1970, Defregger viene assolto in istruttoria. Per la legge, non c’è crudeltà, non c’è malvagità: solo la cieca obbedienza di un soldato.
Così, l’uomo che ordinò la carneficina di Filetto finisce i suoi giorni senza mai pagare il conto con la storia. Muore nel 1995, ottant’anni compiuti, in un letto di Monaco.
Nel riportare quanto accaduto Vincenzo Di Michele ha posto in evidenza questa triste storia con la lucidità e consapevolezza che la verità, per quanto scomoda, va comunque messa in luce.
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