Campo Imperatore, Settembre 1943: Liberazione o cattura di Mussolini?

12 settembre 1943 

“Mussolini finto prigioniero al Gran Sasso”,
libro di Vincenzo Di Michele

 Liberazione o cattura di Mussolini?

 

di: Giovanni Luigi Manco

Mussolini finto Prigioniero al Gran Sasso, pubblicato dalle edizioni Curiosando, è un bel libro, scritto da Vincenzo Di Michele e presentato a Roma, la scorsa settimana, dalla dressa Giovanna Canzano. Grazie a dichiarazioni inedite di diversi testimoni oculari, a Campo Imperatore nel settembre del 1943, Di Michele fa luce su aspetti poco chiari della vicenda, come per esempio la presenza di tre soggetti, invitati dal tenente Alberto Faiola, Comandante del nucleo Carabinieri, addetto alla sorveglianza di Mussolini.

Uno di questi, Alfonso Nisi, armentiere di Bracciano, fu successivamente denunciato dal tenente Faiola, per le sue dichiarazioni sulla completa possibilità del Duce di fare “da prigioniero” quanto gli pareva e piaceva: vedere gente, ricevere e inoltrare lettere clandestine. La sorveglianza era del tutto inefficace.

Un posto del tutto insicuro eppure mantenuto benché, a soli 30 minuti di marcia, il rifugio Duca Degli Abruzzi, utilizzato dall’Aereonautica Militare.

Gli addetti alla sorveglianza erano circa 80 tra Poliziotti e Carabinieri. Comandavano le operazioni, l’Ispettore di Polizia Giuseppe Gueli ed il Tenente dei Carabinieri Alberto Faiola. Il maresciallo dei Carabinieri Osvaldo Antichi, nativo di Modena, presiedeva all’incarico della stretta sorveglianza: nessuno oppose resistenza all’esercito tedesco atterrato a Campo Imperatore con gli alianti.

Eppure, il tenente Alberto Faiola, Comandante dei Carabinieri al Gran Sasso, fu encomiato per la sua piena aderenza alle disposizioni impartite. Non si deve però sottacere la questione inerente la turbolenza di quei giorni. Infatti, il periodo tra la seduta del Gran Consiglio e la liberazione di Mussolini a Campo Imperatore, è stato alquanto movimentato; la sfiducia al duce, il suo arresto, il trasferimento all’ isola di Ponza e poi all’ Isola della Maddalena e al Gran Sasso, la proclamazione dell’ armistizio ed infine il colpo di mano dei tedeschi che costringe Mussolini a creare la Repubblica Sociale Italiana. Sulla posizione del Governo Badoglio e del Re riguardo le loro ambiguità è un dato storico pressoché consolidato.

Se in quel, liberate il Duce, fortemente ribadito dal Fuhrer, la propaganda tedesca aveva innalzato l’operazione Eiche, quale estremo tentativo nel cercare di risollevare le sorti di un conflitto bellico peraltro già segnato, nei fatti, occorre necessariamente ribadire a gran voce la totale assenza di reazione dell’esercito italiano. All’incursione partecipa, suo malgrado, un Generale del Corpo di polizia, Fernando Soleti, cond coattivamente a Campo Imperatore. Un espediente per condizionare il comportamento degli agenti di guardia o forse, più p0robabilmente, per gettare fumo negli occhi.

Le considerazioni sono inevitabili: Mussolini è sul Gran Sasso in prigionia o per essere consegnato ai tedeschi in cambio della sicurezza ai Savoia nel loro trasferimento a Pescara e, via mare, a Brindisi?

Per Mussolini non sarebbe stato né il primo né l’ultimo inganno. Tutta l’alleanza italo-tedesca ne è costellata.

Alleanza stipulata solo in seguito ad una studiata minaccia: prima le sanzioni commerciali internazionali, deliberate dalla Società delle Nazioni in seguito alla campagna etiopica e adottate perfino dagli Stati Uniti, che dell’organismo internazionale non fanno parte, quindi la dichiarazione di Hitler sulla disponibilità della Germania a rientrare nella Società delle Nazioni, eventualità, questa, che avrebbe significato per l’Italia il più assoluto isolamento internazionale, la sua completa rovina economica, per cui perfino Ciano, da sempre antitedesco, consiglia Mussolini all’alleanza.

Hitler piega l’Italia con una minaccia e tradisce l’Italia dall’inizio alla fine del sodalizio.

La seconda guerra mondiale inizia a nostra insaputa e continua, in tutte le operazioni belliche, a nostra insaputa. Nessun peso all’assoluta contrarietà di Mussolini all’allargamento del conflitto, alla guerra contro Unione Sovietica. Probabilmente proprio per questo in Germania prima si decideva, si agiva e solo in seguito si informava il governo italiano.

Quando il Gran Consiglio delibera la destituzione di Mussolini lo fa nel suo pieno diritto, quale supremo organo del partito fascista. Vittorio Emanuele III più che imprigionare, confina, si potrebbe dire, Mussolini, prima a Gaeta, poi a Ponza, alla Maddalena, a Bracciano, infine al Gran Sasso; egli stesso, del resto, si “confina” a Brindisi.
Né per il Re né per il capo del Governo erano possibili altre alternative.

Per i tedeschi è un gioco da ragazzi, il 12 settembre 1943, quattro giorni dopo il passaggio ufficiale dell’Italia dalle forze dell’Asse a quelle Alleate, atterrare sul Gran Sasso e “catturare” Mussolini.

Catturare, non liberare Mussolini. De Felice, nella sua documentata ed insuperata biografia del fascismo, documenta e illustra questo aspetto molto chiaramente.

Hitler ha bisogno di Mussolini per legittimare e proteggere le truppe tedesche nel nord Italia, per legittimare l’occupazione, o per essere più precisi, la rapina dell’Alto Adige e del Friuli Venezia Giulia.

La Repubblica Sociale… Un’effimera repubblica che mai Mussolini avrebbe riconosciuto, mai avrebbe accettato di presiedere, MAI, se non per proteggerci da un inevitabile sentimento di vendetta.

Mussolini, assecondando la volontà tedesca, sceglie consapevolmente la strada del martirio e la continua fino all’orrore di piazzale Loreto.

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