La ricerca di Vincenzo Di Michele su Ettore Majorana, una figura enigmatica della Seconda Guerra Mondiale

Ettore Majorana non era un uomo qualunque, era un prodigio. Un fisico teorico dotato di un’intelligenza fuori dal comune, capace di calcolare a mente il consumo di carbone di una nave a soli cinque anni. Cresciuto in una famiglia colta, si divertiva a risolvere estrazioni di radici cubiche per gioco. La sua mente era una macchina instancabile. A nove anni già correggeva gli adulti, a venti sfidava Enrico Fermi a colpi di formule, senza carta né penna.

Ettore Majorana non era un uomo qualunque, era un prodigio. Un fisico teorico dotato di un’intelligenza fuori dal comune, capace di calcolare a mente il consumo di carbone di una nave a soli cinque anni. Cresciuto in una famiglia colta, si divertiva a risolvere estrazioni di radici cubiche per gioco. La sua mente era una macchina instancabile. A nove anni già correggeva gli adulti, a venti sfidava Enrico Fermi a colpi di formule, senza carta né penna.

Ma era anche un’anima inquieta. Un uomo che brillava di luce propria, ma che sembrava fuggire da quella stessa luce. Una mente che aveva previsto troppo, forse, e che finì col volersi spegnere nel silenzio. Nessuno sa esattamente come e perché. Quel che è certo è che, nel marzo del 1938, scomparve nel nulla.

A raccontare con dovizia di particolari questo caso affascinante e irrisolto è Vincenzo Di Michele, nel libro “Le scomode verità nascoste nella II Guerra Mondiale”. Da queste pagine emerge il ritratto di un uomo geniale, ma anche profondamente umano, che si allontanò dalla scienza proprio quando essa stava cambiando per sempre il destino dell’umanità.

Genio e mistero: l’identità di Ettore Majorana

Nato a Catania nel 1906, Ettore Majorana visse sin da piccolo in un mondo dove il pensiero era sacro. Il suo talento non era soltanto precoce, era vertiginoso. Nel tempo libero leggeva trattati di matematica avanzata come se fossero romanzi, e già da adolescente risolveva problemi che mettevano in difficoltà professori universitari. Dopo un inizio negli studi d’ingegneria, fu l’incontro con Emilio Segrè a segnare la svolta. Fu lui a condurlo da Enrico Fermi, e da lì nacque l’avventura nella celebre scuola di fisica di via Panisperna a Roma.

Quel gruppo – Fermi, Segrè, Amaldi, Rasetti, Pontecorvo e Majorana – fu responsabile di alcune delle scoperte scientifiche più decisive del secolo. Ma Majorana brillava di una luce tutta sua. Non scriveva articoli, non cercava fama. Le sue teorie finivano spesso accartocciate dentro un pacchetto di sigarette, dimenticate come un pensiero di passaggio. Eppure, anticipava i Nobel, formulando idee che solo decenni dopo sarebbero state riconosciute come fondamentali.

Il grido d’allarme di Enrico Fermi

Nel marzo 1938, Ettore Majorana sparì. Lo fece con una discrezione inquietante. Prima inviò una lettera a un collega in cui sembrava annunciare il proprio suicidio. Poi un telegramma di smentita. Una frase rimasta nella storia: Il mare mi ha rifiutato.

Quel gesto non fu ignorato. Enrico Fermi prese carta e penna e scrisse direttamente a Mussolini. Lo fece con urgenza e convinzione, parlando di Majorana come del più grande talento mai incontrato. Il Duce si convinse. Fece chiamare il capo della polizia fascista Bocchini e gli affidò l’incarico di ritrovare lo scienziato. Era scomparso, sì. Ma nessuno voleva accettare che potesse essersi perso nel nulla.

La rivoluzione atomica

Intanto, intorno a lui il mondo cambiava. La fisica non era più soltanto una disciplina teorica. Le scoperte fatte da Fermi e gli altri stavano diventando qualcosa di concreto, qualcosa che prometteva potere e distruzione. L’uranio, bombardato, emetteva radioattività. L’idrogeno poteva amplificarla. Si era aperta la strada all’energia atomica.

In quegli anni, il governo fascista iniziò a vantarsi pubblicamente delle scoperte scientifiche italiane. Ma proprio in quel momento Majorana cambiò. Si isolò, si fece cupo. Rifiutava le lettere da Yale, da Cambridge, da Mosca. Le rispediva al mittente con una scritta spiazzante: “Respinto per decesso del destinatario”. Restava chiuso in stanza per settimane. Nessuno riusciva più a parlargli.

Ombre, isolamento e segnali inquietanti

Ettore non era soltanto tormentato dal futuro della fisica. Aveva perso il padre, un punto di riferimento affettivo e intellettuale. Un trauma familiare lo aveva scosso in profondità: un cugino morto bruciato in culla, un processo a carico di uno zio accusato ingiustamente, e una difesa tenace e personale condotta proprio da Ettore. Esperienze che lasciarono ferite profonde.

Nei mesi prima della scomparsa, sembrava sempre più distante. La sua convinzione era “la fisica è su una strada sbagliata”, lo ripeteva continuamente. Ma gli amici cercarono di riportarlo alla realtà. Gli fecero ottenere una cattedra a Napoli, senza concorso, “per chiara fama”. Un riconoscimento raro, ma inutile. Quattro mesi dopo, era sparito.

Ipotesi, indizi e silenzi

Le ipotesi si accavallarono. Suicidio? Poco credibile. Aveva ritirato dei soldi in banca poco prima, e fu visto nei giorni seguenti a Napoli. E poi quella frase: “Il mare mi ha rifiutato” non suonava come un addio.

Una seconda pista si fece strada: quella monastica. Aveva frequentato i gesuiti, aveva un credo religioso profondo. Si disse che avesse bussato alla chiesa del Gesù Nuovo a Napoli per “fare un esperimento di vita religiosa”. Un padre gesuita confermò l’incontro. “Grazie e scusi”, avrebbe detto Majorana prima di andarsene, senza più tornare.

La famiglia scrisse addirittura al papa, promettendo di non voler interferire. Solo sapere se fosse vivo. Nessuna risposta. Alcuni indicarono il monastero della Certosa di Serra San Bruno. Anni dopo, si mormorò persino che papa Giovanni Paolo II ne avesse parlato durante una visita. Ma tutto rimase nel vago.

Una testimonianza curiosa arrivò da Rolando Pelizza, che disse di aver conosciuto Majorana nel 1958, nascosto in un convento, intento a condurre esperimenti. Ma anche questa versione non trovò mai conferme. E Majorana restò avvolto nel mistero.

La sorte di Ettore Majorana resta un enigma

A distanza di decenni, la figura enigmatica di Ettore Majorana resta sospesa. Il suo rifiuto del potere atomico, la sua sensibilità fuori scala, la sua capacità di vedere oltre il tempo. Forse aveva intuito tutto, troppo presto. Forse aveva scelto di sparire per non diventare complice di una scienza che stava cambiando volto.

E proprio in questo atto di sparizione, in quel passo indietro che è diventato leggenda, si alimenta il mistero. Un mistero raccontato con precisione e rispetto nel libro Le scomode verità nascoste nella II Guerra Mondiale di Vincenzo Di Michele, che restituisce voce e ombre a una delle menti più luminose – e sfuggenti – del Novecento.

 

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